Aspetti controversi del D.P.C.M. 5/12/97

I requisiti acustici degli elementi edilizi

19 Aprile 2005

Prosegue l’approfondimento degli aspetti connessi ai requisiti acustici degli elementi edilizi, introdotti con la Newsletter POROTON® di Marzo 2005.
A sette anni dall’emanazione del Decreto che fissa i requisiti prestazionali minimi per gli elementi edilizi restano infatti ancora numerose questioni insolute riguardo l’ambito di applicazione, le competenze e gli obblighi relativi al D.P.C.M. 5/12/97 sulla determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici.
Si affrontano in questo articolo alcuni aspetti controversi legati alla normativa richiamata.

Aspetti controversi del D.P.C.M. 5/12/97

Il D.P.C.M. 5/12/97 è stato accompagnato, sino dalla sua pubblicazione, da numerosi dubbi ed incertezze. Vi sono, infatti, al suo interno delle notevoli incongruenze formali e sostanziali che lo hanno reso di non facile lettura ed attuazione.
Per quanto riguarda gli aspetti formali vi sono riferimenti alla normativa, definizioni e descrizioni delle metodologie di valutazione di alcuni requisiti che necessitano di chiarimenti ed interpretazioni. Ad esempio, l’isolamento acustico a rumori aerei viene valutato con tecniche distinte per i divisori tra ambienti confinanti (UNI EN ISO 140-4:2000 [1]) e per gli elementi di facciata (UNI EN ISO 140-5:2000 [2]); per quest’ultimo parametro, in luogo di un rimando normativo, vi è una descrizione, peraltro solo parziale, della metodologia di misura, che manca di ogni riferimento alle correzioni da apportare al livello di pressione sonora medio dell’ambiente ricevente per tener conto del rumore di fondo; per quanto attiene l’isolamento ai rumori di calpestio, la normativa da utilizzare è la UNI EN ISO 140-7:2000 [3].
Il risultato è in ogni caso espresso dal livello sonoro misurato nella camera ricevente (sottostante) quando nella camera trasmittente opera una macchina normalizzata che sollecita all’urto il solaio: in questo caso quindi, più elevato è il valore numerico che esprime la prestazione, minore risulta l’isolamento acustico.
È da rilevare, invece, una seria incongruenza nel Decreto, per cui gli edifici adibiti ad uffici, attività commerciali, ricreative e di culto risultano tutelati maggiormente nei confronti del disturbo indotto dal calpestio, con un livello limite L’n,w di 55 dB, rispetto agli edifici residenziali, agli alberghi, alle scuole e agli ospedali per i quali vengono ritenuti sufficienti limiti fino a 63 dB, contrariamente a quanto prescritto per tutti gli altri requisiti.
Per quanto riguarda i riferimenti alla normativa, è infine opportuno manifestare alcuni dubbi, oltre a quanto già visto (cfr. Newsletter POROTON® n. 22 – Marzo 2005 – n.d.r.), relativamente alle definizioni ed alle metodologie di valutazione di alcuni requisiti.

Fig. 1 – Valutazioni previste per la verifica dei requisiti acustici passivi degli ambienti di un edificio. Il numero di valutazioni da effettuare dipende dalla disposizione degli ambienti e dalla loro destinazione d’uso. La verifica si rende necessaria solo quando l’ambiente “ricevente” rientra fra quelli classificati nel D.P.C.M. 5/12/97.

In primo luogo, per la determinazione del valore ottimale del tempo di riverberazione il Decreto fa riferimento alla norma ISO 3382:1975 (attualmente UNI EN ISO 3382:2001) [4], specificamente dedicata alla valutazione degli auditori, norma già sostituita nel 1997 dalla nuova edizione a più ampio respiro; non viene invece citata la norma ISO 354:1985 (attualmente UNI EN ISO 354:2003) [5], a sua volta richiamata dalla precedente, e comunque di più recente revisione.
Lascia poi perplessi, o quanto meno disorientati il fatto che, per il calcolo degli indici di valutazione, venga citata la norma UNI 8270:1987 parte 7 [6] in luogo delle più recenti e complete norme della serie UNI EN ISO 717 del 1997 [7, 8].
Infine, in una nota in chiusura, il Decreto 5/12/97 fa riferimento, per l’edilizia scolastica, ai limiti previsti per i tempi di riverberazione riportati nella circolare n. 3150 del 22 maggio 1967 (circolare di difficile reperimento), in luogo del (relativamente) più recente D.M. 18/12/1975 “Norme tecniche aggiornate relative all’edilizia scolastica” e delle modifiche del successivo D.M. 13/9/1977.
Nella tab. 1 vengono confrontati, per ciascun parametro di valutazione, i riferimenti normativi riportati nel D.P.C.M. 5/12/97 e quelli corretti o aggiornati.

Tab. 1 – Confronto fra i parametri riportati nel D.P.C.M. 5/12/97 ed i riferimenti normativi.
Parametro Simbolo riportato nel D.P.C.M. 5/12/97 Norma citata nel D.P.C.M. 5/12/97 Riferimento normativo corretto o aggiornato
Potere fonoisolante apparente di elementi di separazione tra ambienti R’ EN ISO 140-5:1996 UNI EN ISO 140-4:2000
Isolamento acustico standardizzato di facciata D2m,nT UNI EN ISO 140-5:2000
Livello di rumore di calpestio normalizzato L’n EN ISO 140-6:1996 UNI EN ISO 140-7:2000
Indice mononumerico di valutazione del potere fonoisolante apparente R’w UNI 8270-7/5.1:1987 UNI EN ISO 717-1:1997
Indice mononumerico di valutazione dell’isolamento acustico standardizzato di facciata D2m,nT,w UNI 8270-7/5.1:1987 UNI EN ISO 717-1:1997
Indice mononumerico di valutazione del livello di rumore di calpestio normalizzato L’n,w UNI 8270-7/5.2:1987 UNI EN ISO 717-2:1997
Tempo di riverberazione T ISO 3382:1975 UNI EN ISO 354:2003
oppure
UNI EN ISO 3382:2001

Tuttavia, il problema di fondo non risiede tanto nei livelli prestazionali richiesti alle componenti di edificio, peraltro abbastanza in linea con quelli degli altri paesi europei [9, 10], quanto nei limiti di applicabilità del Decreto stesso.
A differenza di altri strumenti di legge che hanno apportato sostanziali modifiche alla normativa tecnica per l’edilizia [11] (contenimento del consumo di energia, sicurezza degli impianti, ecc.) e che contengono al loro interno tutti i riferimenti relativi all’ambito di applicazione, competenze, obblighi e sanzioni, nel Decreto sui requisiti acustici passivi degli edifici mancano le indicazioni necessarie ai Comuni per il recepimento e l’applicazione delle prescrizioni di legge.
In questo caso sembra non essere sufficiente il semplice riferimento all’art. 6, comma 1, lettera e) della Legge quadro 447/95 che prevede “l’adozione di regolamenti per l’attuazione della disciplina statale e regionale per la tutela dall’inquinamento acustico”. Il problema, infatti, risiede nelle modalità di attuazione del Decreto.
Come si è visto, il Decreto è applicabile alla nuova edificazione all’atto della richiesta del permesso di costruire, mediante una qualche forma di dichiarazione di conformità delle soluzioni costruttive o di integrazione progettuale, i cui contenuti dovrebbero essere indicati all’interno dei regolamenti edilizi Comunali.
Per quanto riguarda la ristrutturazione di edifici esistenti, tali limiti sono validi anche quando l’eventuale cambiamento di destinazione d’uso di un immobile comporterebbe automaticamente la necessità di profonde ristrutturazioni, soprattutto dei solai e della facciata. A tal proposito il Decreto del Ministero delle Finanze n. 41 del 18/2/98 [12], che prevede incentivi fiscali nel caso di interventi sugli edifici esistenti, cita espressamente le opere finalizzate al contenimento dell’inquinamento acustico.
Purtroppo nella maggior parte dei regolamenti edilizi si trova solo un semplice richiamo ad una non meglio specificata conformità delle opere edili ai requisiti del D.P.C.M. 5/12/97, senza alcun riferimento alle modalità di accertamento, controllo (e verifica) di tali requisiti. Ciò è dovuto alla mancata emanazione del già citato decreto attuativo della Legge quadro che avrebbe dovuto fornire i criteri generali per la progettazione, l’esecuzione e la ristrutturazione delle costruzioni edilizie. In pratica, il rapporto fra le competenze delle Pubbliche Amministrazione per l’attuazione della Legge quadro nell’ambito della produzione e ristrutturazione edilizia, le prescrizioni prestazionali per i componenti e gli elementi edilizi e le metodologie di conseguimento di tali prestazioni da parte del progettista, del produttore di componenti e dell’esecutore dell’opera, non ha attualmente una concreta definizione.
Ci si trova, quindi, ad operare in assenza di un passaggio logico: l’intero iter, che va dalla progettazione alla scelta dei materiali, degli elementi edilizi e delle tecnologie costruttive ed infine alla realizzazione dell’opera, passando per i controlli tecnici ed amministrativi, si prefigge di garantire il soddisfacimento di prestazioni tecniche specifiche, in assenza di metodologie certe e specificazioni di responsabilità.
Alcuni chiarimenti sugli aspetti applicativi si possono trovare nel testo del regolamento edilizio tipo proposto dalla Regione Emilia-Romagna [13, 14, 15], in cui, nell’elenco della documentazione da presentare all’atto della richiesta del permesso di costruire, si prevede una relazione in cui devono essere riportati i livelli di prestazione ed i relativi calcoli della conformità, ovvero l’indicazione delle soluzioni tecniche adottate ai fini della conformità ai requisiti cogenti e volontari. I livelli prestazionali previsti dal D.P.C.M. 5/12/97 vengono inseriti fra i requisiti cogenti per gli interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia, mentre vengono intesi come raccomandati nei casi di cambiamento di destinazione d’uso o di attività.
Il regolamento edilizio tipo prevede, inoltre, dei metodi di verifica progettuale (metodi di calcolo, soluzioni tecniche certificate mediante prove di laboratorio, soluzioni tecniche conformi) il cui utilizzo, seguito da una dichiarazione di conformità dell’opera realizzata da presentare a lavori ultimati, libera dalla necessità della verifica in opera del livello prestazionale raggiunto.
Un altro aspetto controverso del D.P.C.M. 5/12/97 riguarda la rumorosità prodotta dagli impianti a funzionamento continuo, per i quali è previsto che “le misure di livello sonoro devono essere eseguite nell’ambiente nel quale il livello di rumore è più elevato. Tale ambiente deve essere diverso da quello in cui il rumore si origina”.
Un’interpretazione pedissequa del testo di legge porterebbe ad assurde interpretazioni, talvolta peraltro applicate: il limite di rumorosità (estremamente basso, privo di riferimenti metrologici per la sua corretta verifica e con una contraddizione fra valori riportati nel testo e nella tabella del Decreto) si applicherebbe, per esempio, ad una unità termoventilante che immette aria in un ambiente mediate un canale, ma non nel caso in cui l’azione riscaldante o raffrescante sia prodotta da un ventilconvettore posto nello stesso ambiente.
Sembra logico ritenere che si voglia limitare il rumore prodotto da un impianto verso ambienti di terzi, cioè (similmente a quanto già visto per il potere fonoisolante apparente) verso le altre proprietà.
Vale la pena, infine, di ricordare che esisteva, già prima dell’emanazione del Decreto, una norma specifica per il collaudo acustico degli impianti di climatizzazione e ventilazione, la UNI 8199 [16] (la versione attualmente vigente è del 1998). Questa norma stabilisce diversi livelli di prestazione acustica degli impianti, da applicarsi nelle varie situazioni, relativamente al rumore prodotto all’interno dell’edificio considerato o di una sua specifica porzione.
Essa, in quanto norma consensuale e codifica delle regole dell’arte, non è cogente, se non esplicitamente richiamata in sede contrattuale.

Bibliografia:

[1] UNI EN ISO 140-4:2000 Acustica. Misurazione dell’isolamento acustico in edifici e di elementi di edificio – Misurazioni in opera dell’isolamento acustico per via aerea tra ambienti.
[2] UNI EN ISO 140-5:2000 Acustica. Misurazione dell’isolamento acustico in edifici e di elementi di edificio. Misurazioni in opera dell’isolamento acustico per via aerea degli elementi di facciata e delle facciate.
[3] UNI EN ISO 140-7:2000 Acustica. Misurazione dell’isolamento acustico in edifici e di elementi di edificio. Misurazioni in opera dell’isolamento dal rumore di calpestio di solai.
[4] UNI EN ISO 3382:2001 Acustica. Misurazione del tempo di riverberazione di ambienti con riferimento ad altri parametri acustici.
[5] UNI EN ISO 354:2003 Acustica. Misura dell’assorbimento acustico in camera riverberante.
[6] UNI 8270:1987 parte 7 Acustica. Valutazione delle prestazioni acustiche di edifici e di componenti di edificio.
[7] UNI EN ISO 717-1:1997 Acustica. Valutazione dell’isolamento acustico in edifici e di elementi di edificio. Isolamento acustico per via aerea.
[8] UNI EN ISO 717-2:1997 Acustica. Valutazione dell’isolamento acustico in edifici e di elementi di edificio. Isolamento del rumore di calpestio.
[9] Rasmussen, B., “Sound insulation of dwellings – Overview of classification schemes in Europe”, Proceedings of 5th European Conference on Noise Control, Naples, May 19-21, 2003.
[10] BS 8233:1999 Sound insulation and noise reduction for buildings. Code of practice.
[11] Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 380, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, n. 245, 20/10/2001.
[12] Decreto del Ministero delle Finanze 18 febbraio 1998 n.41, Regolamento recante norme di attuazione e procedure di controllo di cui all’art. 1 della legge 27 dicembre 1997 n. 449 in materia di detrazioni per le spese di ristrutturazione edilizia, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, n.60, 13/3/1998.
[13] Delibera di Giunta Regionale dell’Emilia-Romagna 28 febbraio 1995 n. 593, Regolamento edilizio tipo regionale (L.R. 33/90).
[14] Delibera di Giunta Regionale dell’Emilia-Romagna 22 febbraio 2000 n. 268, Aggiornamento dei Requisiti Cogenti (Allegato A) e della Parte Quinta, ai sensi comma 2, art. 2, L.R. 33/90.
[15] Delibera di Giunta Regionale dell’Emilia-Romagna 16 gennaio 2001 n. 21, Requisiti volontari per le opere edilizie.
[16] UNI 8199:1998 Acustica. Collaudo acustico degli impianti di climatizzazione e ventilazione. Linee guida contrattuali e modalità di misurazione.

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