Il fabbisogno energetico globale degli edifici

23 Luglio 2007

Negli ultimi anni gli edifici sono stati oggetto di numerose discussioni relative al consumo energetico e si è assistito a due diverse reazioni nei confronti del problema.
Da un lato c’è chi ha preso in toto per verità biblica le soluzioni proposte in Centro e Nord Europa, dall’altro chi ha invece visto con estremo scetticismo tutte le politiche energetiche attuali o future, ritenendole inapplicabili in Italia.
Come sempre “in medio stat virtus”, occorre cioè prendere esempio dalle esperienze maturate all’estero, analizzandole con positiva criticità, tenendo in debita considerazione le prerogative del clima, dell’architettura e dell’edilizia tipica italiana.
In quest’ottica, occorre subito premettere un’osservazione, troppo spesso trascurata in generale: non si può considerare l’edificio come separato dall’impianto di climatizzazione, in quanto rappresenta un unico sistema, definito appunto “sistema edificio-impianto”, introdotto per la prima volta in Italia dalla Legge 10/91.
La progettazione pertanto deve avvenire in modo integrato, ottimizzando non solo l’involucro edilizio, ma anche le modalità operative dell’impianto di climatizzazione e di produzione dell’acqua calda sanitaria, soprattutto ai carichi parziali.
In questo articolo verranno evidenziati i motivi che hanno portato all’elaborazione della Direttiva Europea 2002/91/EC sull’EPBD e verranno evidenziati i contributi di consumo energetico tipici degli edifici esistenti.

Il problema del consumo mondiale di energia presente e futuro

È comune osservazione che la crescita della popolazione a livello mondiale [fig. 1] è associata ad un incremento del consumo energetico; d’altra parte, da sempre nella storia, al crescere del consumo energetico corrisponde un miglioramento della condizione di vita dell’umanità. Pertanto l’aumento della popolazione e l’aumento del consumo di energia vanno di pari passo e si influenzano reciprocamente, ed infatti, analizzando l’andamento del consumo mondiale dell’energia negli ultimi quarant’anni [fig. 2], si può notare come tale consumo sia cresciuto di due volte e mezzo.
La cosa più allarmante è la previsione media dell’ONU sulla crescita della popolazione, che nel 2050 ammonterà a circa 9 miliardi di individui.

Andamento della popolazione mondiale
Fig. 1 – Andamento della popolazione mondiale nella storia e in particolare degli ultimi 50 anni e di quelli futuri.
Consumo mondiale di energia primaria
Fig. 2 – Andamento negli ultimi quarant’anni del consumo mondiale di energia primaria per continenti e globale [Fonte BP].

Occorre innanzitutto prestare molta attenzione alla possibilità di esaurimento delle fonti primarie oggi utilizzate ed in tal senso la previsione della società petrolifera SHELL [fig. 3] mostra come la ripartizione di utilizzo delle diverse fonti dovrebbe portare ad un maggiore utilizzo delle fonti rinnovabili e del nucleare.
Occorre osservare che questi sono dati di ripartizione, ma che comunque il consumo di energia è destinato a crescere.
Le previsioni per il 2100 parlano di una crescita dell’umanità che può arrivare a 11 miliardi di individui ed un incremento del PIL pro capite pari a 1,9% all’anno, risultando alla fine del secolo 12 volte superiore a quello attuale.
Anche prevedendo un progresso annuo dell’efficienza pari a circa 1%, nel 2100 ci sarà bisogno di 4,5 volte il fabbisogno attuale di energia.
In questa prospettiva la situazione attuale non è incoraggiante, tenendo conto che il 75% circa dell’attuale fabbisogno energetico è coperto da combustibili fossili.

Spartizione delle diverse fonti di energia primaria
Fig. 3 – Percentuale della spartizione delle diverse fonti di energia primaria [Fonte DEUTSCHE SHELL AG].

D’altra parte occorre anche considerare l’aspetto dell’effetto serra ed il possibile surriscaldamento del pianeta; a tal riguardo si osservi che ogni anno vengono emesse dai Paesi sviluppati 12,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica e che un incremento di concentrazione di 1 ppm all’anno permetterebbe di mantenere l’incremento di temperatura al di sotto di 2°C per secolo.
Per poter raggiungere tale obiettivo i paesi sviluppati avrebbero bisogno di 2,2 atmosfere oggi e la situazione è ancor più inquietante se si considera che il resto del mondo, che rappresenta l’85% dell’umanità, avrà molto presto bisogno di altre due atmosfere.
Per poter conseguire l’obiettivo di un incremento della temperatura dell’atmosfera di 2°C nel corso del XXI secolo, le emissioni assolute di anidride carbonica nel 2100 dovrebbero essere ridotte di un fattore 4, che corrisponderebbe ad un contributo dei combustibili fossili pari al 5% del fabbisogno di energia proiettato per il 2100.
Sarebbe necessario pertanto un incremento di diffusione delle energie alternative pari al 2% annuo nel corso di questo secolo.
La riduzione a livelli costanti del fabbisogno energetico può essere ottenuto con diverse azioni. Occorre innanzitutto ricercare in tutte le aree di utilizzo di materiali ed energia soluzioni totalmente innovative in sostituzione delle attuali tecnologie, piuttosto che cercare di ottimizzare le tecnologie odierne, incrementando la loro efficienza in quantità marginali.
Occorre poi una professionalità nelle applicazioni ad alta efficienza energetica ed imprenditorialità nelle innovazioni.
La tecnica da un certo punto di vista può contribuire alla diminuzione dei consumi, anche se la popolazione è destinata a crescere; infatti, analizzando la crescita della popolazione nel corso della storia, le conoscenze possono crescere più velocemente della popolazione.
Con una vera e propria “rivoluzione energetica” si possono ottenere risultati buoni in tema di risparmio energetico anche nell’arco di un breve periodo di tempo, sebbene occorra un cambiamento nella mentalità delle persone, azioni efficaci a livello politico e notevoli investimenti.
Una delle azioni proposte in questi anni è il Protocollo di Kyoto, che, concordato nel 1997, è entrato in vigore il 16 febbraio 2005, in seguito all’adesione di più del 55% dei Paesi firmatari dell’accordo, con emissione di gas serra (riferito all’anno 1990) eccedente il 55% del totale. L’accordo stabilisce, nel periodo 2008-2012, la riduzione dell’emissione di sei famiglie di gas serra, rispetto a quanto avvenuto nel 1990:

  • anidride carbonica (CO2)
  • metano (CH4)
  • ossidi di azoto (N2O)
  • idrofluorocarburi (HFC)
  • perfluorocarburi (PFC)
  • esafluoruro di zolfo (SF6)

Al fine di ridurre tali emissioni, il Protocollo determina meccanismi di compensazioni e transazioni tra Paesi delle singole quote di gas serra emessi nell’atmosfera.
Si può vedere in tab. 1 quali siano le emissioni di gas serra nel 1990 e nel 2000 per i diversi Paesi e gli impegni di Kyoto intrapresi. Si può notare come l’Italia debba diminuire del 10,6% le emissioni di CO2 perché, oltre alla quota prevista dal Protocollo, deve ridurre l’aumento di emissioni avvenute nel periodo compreso tra il 1990 e il 2000.
Per poter valutare comunque le azioni più efficaci per la risoluzione del problema energetico, bisogna valutare i settori specifici dove avvengono i consumi.
In Italia, come in Europa [fig. 4a], gli edifici sono responsabili del consumo del 40% della totale energia primaria (contro il 17% dell’industria ed il 43% dei trasporti); inoltre è molto più semplice agire a breve sugli edifici, piuttosto che ridurre i consumi nel settore dei trasporti.
Infatti esistono oggi tecnologie costruttive ed impiantistiche tali da ridurre il consumo di energia primaria degli edifici.
Si capisce quindi l’utilità della nuova Direttiva Europea sull’EPBD; peraltro occorre segnalare come la maggior parte del consumo di energia nel settore edile sia rappresentato dagli edifici di tipo residenziale [fig. 4b].

Tab. 1 – Emissioni di gas serra 1990-2000 per Paese e impegni di Kyoto (dati in Mt CO2 equivalente).
Emissioni nel 1990 Emissioni nel 2000 2000-1990 [%] Impegno previsto per Kyoto [%]
Austria 77,388 79,754 +3,1 -13,0
Belgio 143,125 151,930 +6,2 -7,5
Danimarca 69,360 68,505 -1,2 -21,0
Finlandia 77,093 73,958 -4,1 0,0
Francia 551,805 542,299 -1,7 0,0
Germania 1222,765 991,421 -18,9 -21,0
Grecia 104,755 129,652 +23,8 +25,0
Irlanda 53,430 66,277 +24,0 +13,0
Italia 522,132 543,464 +4,1 +6,5
Lussemburgo 10,836 5,949 -45,1 -28,0
Olanda 210,342 216,916 +3,1 -6,0
Portogallo 65,106 84,700 +30,1 +27,0
Spagna 286,428 385,987 +34,8 +15,0
Svezia 70,566 69,356 -1,7 +4,0
Regno unito 742,492 649,106 -12,6 -12,5
EU-15 4207,623 4059,274 -3,5 -8,0
Ripartizione dei consumi in Europa
Fig. 4 – Ripartizione dei consumi in Europa tra i diversi settori (a) e all’interno del settore edile (b).

Occorre infine osservare un ulteriore aspetto, analizzando la catena energetica degli edifici, partendo cioè dal fabbisogno energetico netto, risalendo sino all’energia primaria che in parte è di origine fossile ed in parte non fossile [fig. 5].
Infatti esistono due possibilità per ridurre l’energia primaria: limitare il fabbisogno netto dell’edificio (posizione B, alla fine della catena) o aumentare il contributo di energia non fossile (posizione A, all’inizio della catena).
Ovviamente devono essere effettuati investimenti ad entrambi i livelli, ma è facilmente dimostrabile che è molto più vantaggioso economicamente investire sull’edificio piuttosto che intervenire sulle fonti primarie non fossili.
È evidente quindi che le azioni di limitazione dei consumi energetici degli edifici sono efficaci ed indispensabili allo stesso tempo.

Catena energetica per gli edifici
Fig. 5 – Catena energetica per gli edifici: dalle fonti primarie al fabbisogno energetico netto.

I valori medi dei consumi degli edifici in Italia

Al fine di individuare quali siano le possibilità di risparmio energetico conseguibile negli edifici, si è voluto analizzare il fabbisogno di energia specifica suddiviso per categorie [fig. 6].
Normalmente ci si sofferma al solo consumo per il riscaldamento, talvolta si considera anche l’acqua calda sanitaria, ma difficilmente si trovano riportati dati medi relativi ai consumi di energia elettrica e cottura cibi.
Ci si può rendere facilmente conto che, quando non si considera l’energia necessaria per la cottura dei cibi, rispetto allo stock edilizio esistente, un edificio costruito secondo la Legge 10/91 consuma circa la metà, un edificio a bassa energia circa il 65% in meno, un edificio a bassa energia con produzione di acqua calda sanitaria con collettori solari (copertura 50%) e apparati elettrici ad elevata efficienza circa il 75% in meno, una casa passiva l’85% in meno.
Considerando adesso anche la cottura cibi, le riduzioni passano a 37% nel caso di un edificio costruito secondo la Legge 10/91, 55% per edificio a bassa energia, 64% nel caso di un edificio a bassa energia ma con collettori solari e apparati elettrici a basso consumo e 71% nel caso di casa passiva.

Fabbisogno degli edifici in Italia.
Fig. 6 – Fabbisogno specifico degli edifici in Italia.

Tuttavia occorre pensare all’energia primaria e quindi convertire i consumi elettrici in consumi di energia primaria; per far ciò occorre tener conto del rendimento globale della rete di distribuzione di energia elettrica (che in Europa ed in Italia è pari a circa il 36%).
Inoltre occorre pensare al frequente ricorso ad elementi di riscaldamento a resistenza elettrica nelle case passive, al fine di ridurre i costi globali dell’edificio, abbattendo i costi degli impianti [fig. 7].
In questo caso il vantaggio conseguito sul consumo di energia termica viene vanificato [fig. 8]: infatti, il consumo totale di energia primaria di un edificio a basso consumo con collettori solari e apparati elettrici a basso consumo diventa di poco minore rispetto a quello di una casa passiva.
Si capisce pertanto che è assurdo estremizzare l’isolamento di un edificio, per poi vanificarne l’effetto installando resistenze elettriche per il suo riscaldamento. È meglio piuttosto avere un buon isolamento termico e investire comunque in un buon impianto con terminali a bassa temperatura e produzione di energia termica ad alta efficienza.
Inoltre, sempre dalla fig. 7 si può vedere che il costo globale in corrispondenza a circa 40 kWh/(m² anno) non è molto dissimile dal minimo ricavabile con le case passive e impianto termico semplificato.

Costi energetici e di costruzione.
Fig. 7 – Costi energetici e di costruzione in funzione del fabbisogno energetico specifico.
Fabbisogno specifico di energia primaria.
Fig. 8 – Fabbisogno specifico di energia primaria degli edifici in Italia.

Conclusioni

Il consumo mondiale di energia è destinato a crescere, visto il progresso dei Paesi in via di sviluppo.
Le emissioni di anidride carbonica su scala mondiale sono destinate a crescere, a meno di una presa di coscienza dei singoli individui. Essa deve essere spinta da azioni politiche come la Direttiva Europea 2002/91/EC che mira a creare un mercato virtuoso di edifici a basso consumo.
Nonostante le diffidenze degli operatori del settore, è evidente che gli edifici rappresentano la soluzione immediata nella strada del contenimento dei consumi energetici.
È importante comunque analizzare il consumo globale di energia primaria, tenendo in conto tutte le energie consumate negli edifici, compreso il contributo della cottura cibi.
Secondo questo parametro risulta sensato ed economicamente favorevole investire i soldi nell’isolamento, senza esasperarlo, ma soprattutto senza dimenticare gli impianti, che possono ridurre in modo efficace il consumo di energia primaria dell’edificio.

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